Articolo su "Il Piccolo" di Venerd́ 16 Ottobre 2009 |
Scritto da Daniele Damele
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luned́ 25 gennaio 2010 |
Folla di amici per l'addio al barone
Non aveva più parenti. Ma nel suo ultimo viaggio Giancarlo Martini, noto come il “barone Carlos Maritinez”, per la sua lunga permanenza in Brasile e per aver frequentato la “Roma bene” dei nobili e dei principi, degli ambienti cinematografici e del suo girovagare per il mondo, ieri è stato accompagnato da una folla imponente, che ha voluto testimoniare l’affetto a un vero “amico”. Forse un po’ eccentrico, ma buono nell’animo, generoso e sincero. Il “barone” non era portato per il dramma, sempre sorridente e simpatico anche nei momenti più difficili, nonostante negli ultimi tempi si fosse lasciato andare a una vita irregolare. Era pure uno stimato pittore e scultore. E’ morto a 70 anni, il 2 ottobre scorso, dopo una breve malattia all’ospedale di Monfalcone. Anche stavolta, come era solito circondarsi in passato, per il funerale celebrato da don Gilberto Dudine nella piccola cappella del cimitero di Monfalcone, dietro il feretro (una bara semplice, costituita da tavole lisce e sopra un cuscino di fiori), si sono visti mescolati tra la gente anche “vip” locali. Come un paio di imprenditori, medici, politici, sindacalisti, un avvocato e un notaio. Ognuno ha cercato di raccontare il “barone” per come l’ha conosciuto, soprattutto nel suo aspetto umano. «Era l’unica persona – ha ricordato il giornalista Daniele Damele – capace di tirare fuori da noi il sorriso nei momenti di difficoltà. Era amico di Pippo Franco o di Enrico Montesano, ma anche di persone semplici». In cimitero è arrivata anche la sua sarta: «È vero – ha detto Maria –, vestiva in modo eccentrico. Mi chiedeva cose impossibili, come una cerniera al lato dei pantaloni o un collo di camicia su una maglia. Aveva una grande fantasia. Per me poteva fare lo stilista. ”Maria, mi diceva, ti pagherò quando avrò i soldi”». «Carletto – lo ha chiamato Danilo – dopo aver aperto un ristorante all’Isola di Ponza, residence a Vieste in Puglia e in Toscana, ha fatto parlare la città per alcuni giorni. E’ venuto a trovarlo una volta un principe romano sceso da una Rolls Royce che non finiva più e con quattro cani dalmata. Sembrava un film». Beppi, invece, ha voluto ricordare il “barone” per due burle che ripeteva sempre per stupire. La prima è che il suo blasone aveva il motto: «Mano rampante in casa altrui». Nella seconda recitava la frase senza alcun senso che Jacovitti scriveva sul giornale Travaso. «Sono ombre di umanità redente, che trascendono da ogni estetismo e vanno a incunearsi vieppiù nel paramus albe biblico». Ciro Vitiello |
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Ultimo aggiornamento ( luned́ 25 gennaio 2010 )
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